Alta Corte per la
Regione siciliana
Decisione 28 marzo
1952 - 18 aprile 1952, n. 53
sul ricorso del Presidente della Regione
contro la legge nazionale 7 dicembre 1951, n. 1513, concernente: «
Integrazione dei bilanci comunali e provinciali per l'anno 1951
Presidente: SCAVONETTi; Relatore ed
Estensore: STURZO; P. M,: EULA - Regione
Siciliana (Avv.ti JEMOLO e ORLANDO CASCIO) - Presidenza Consiglio (Avv. St. ARIAS).
(omissis)
All'articolo 2 della legge nazionale del 7
dicembre 1951, n.1513, viene stabilito che « per i comuni e le provincie delle
regioni a statuto speciale rimangono in vigore, ai fini del pareggio economico
dei rispettivi bilanci dell'anno 1951, le disposizioni di cui all'articolo 4
della legge 22 aprile 1951, n. 288 . L'articolo, qui citato, fissava le norme
procedurali di tali mutui per le provincie e i comuni delle regioni a statuto
speciale nei seguenti termini: « Ai fini della concessione dei mutui di cui all'art.
5 della legge 30 luglio 1950, n. 575, le regioni a statuto speciale possono
chiedere alla commissione centrale per la finanza locale l'esame dei bilanci
delle amministrazioni provinciali e comunali facenti parte dei rispettivi
territori.
«La commissione centrale per la finanza
locale formula le opportune proposte per il pareggio dei bilanci, indicando la
misura delle supercontribuzioni e l'ammontare del mutuo necessario per far
fronte al disavanzo economico.
« I provvedimenti relativi sono adottati
dai competenti organi della amministrazione regionale e resi esecutivi, per
quanto concerne i mutui con
Questo articolo fu aggiunto durante
l'esame del disegno di legge, inteso il governo regionale della Sicilia, come
«soluzione provvisoria da non pregiudicare la
tesi dello Stato n quella della Regione in ordine alla definitiva
sistemazione dei rapporti in materia di finanza locale: (vedere il testo
della lettera del 6 marzo 1951, n. 3606/63030, firmata Andreotti per il
Presidente del Consiglio dei Ministri e allegata agli atti del ricorso).
La vertenza rimasta impregiudicata a cui
fa cenno la citata lettera non riguardava la procedura dei mutui, che di fatto
veniva concordata con l'art. 4 della legge 22 aprile 1951, n la entit dei
mutui che coprendo il mancato contributo in capitali, vennero per l'esercizio
1950 concessi per raggiungere il pareggio economico; ma piuttosto la competenza
circa la finanza locale.
La questione si ripresent con la
successiva legge del dicembre 1951, n. 1513, nella quale, pur facendosi
richiamo all'art. 4 della legge precedente n. 288, veniva ancora una volta
omessa, per i comuni delle regioni a statuto speciale, la possibilit di
partecipare ai contributi in capitale. Onde il presidente della Regione
Siciliana si decise a proporre ricorso avanti questa Alta Corte per ottenere
l'annullamento dell'art. 2 della citata legge, ritenendo costituzionalmente
illegittima tale siffatta esclusione.
I motivi addotti dalla Regione per
sostenere il ricorso sono :
1) violazione dell'art. 5 della
Costituzione e art. 1 dello Statuto, trattandosi di provvidenze straordinarie
dovute alle conseguenze della guerra e del dissesto economico, a riparare il
quale lo Stato ha il dovere di intervenire senza discriminazioni che possano
offendere leguaglianza dei cittadini e la unit dello Stato;
2) violazione dell'art. 119, comma 2
della Costituzione in rapporto alla Regione, perch il ricorrente ritiene che
ai mancati contributi in capitale, la legge impugnata, pur senza farvi cenno,
dia luogo ad un obbligo della Regione a provvedervi con le sue entrate, mentre
per
3) violazione dell'art. 35 dello Statuto
siciliano, secondo il quale «gli impegni gi assunti dallo Stato verso gli enti
regionali sono mantenuti con adeguamento al valore della moneta all'epoca del
pagamento ; ritenendosi dal ricorrente che la legge impugnata, per via di
concatenazione legislativa, faccia capo al decreto L.L. 24 agosto 1944, n. 221
e al D.L.L. 8 febbraio 1946, n. 49 nonch al D.L. 26 marzo 1948, n. 26, ed
infine a quello del 30 luglio 1950, n. 575, del quale ultimo pur essendo
modificative, nei riguardi della Regione Siciliana le leggi dell'aprile e
dicembre 1951, non potrebbero esser intese come escludenti i comuni e le
provincie delle regioni a statuto speciale dal diritto ad ottenere anche il
contributo in capitale a pareggio dei rispettivi bilanci.
Il rappresentante dello Stato con memoria
del sostituto avv. generale Cesare Arias sostiene, in via principale, la
inammissibilit della impugnativa, sia per la omissione da parte della Regione
ad impugnare la legge 22 aprile 1951, n. 288, che innovava il precedente
sistema, sia per mancanza di interesse da parte della Regione stessa ad
ottenere l'annullamento dell'art. 2 della legge 7 dicembre 1951, null'altro
effetto potendo ottenere nel caso presente con una decisione dell'Alta Corte
che ne accogliesse il ricorso.
In via subordinata l'avvocato dello Stato
ritiene che nel merito manchi una seria base alla impugnativa, perch l'art. 15
dello Statuto « attribuisce alla Regione in materia di enti locali un potere di
legislazione esclusiva e quindi anche, a termini dell'art.20, le corrispondenti funzioni esecutive ed
amministrative . Il richiamo della Regione alla precedente legislazione di
guerra non attendibile, perch la legge impugnata e l'altra cui si fa
riferimento non hanno rapporto di dipendenza con i decreti dal
Nella discussione orale, gli avvocati
della Regione hanno ristretto la loro domanda all'annullamento del seguente
inciso dell'art. 2 della legge 7 dicembre 1952, n. 1513: «Ai fini del pareggio
economico dei rispettivi bilanci dell'anno 1951.
IN DIRITTO
L'eccezione di inammissibilit del
presente ricorso parch non fu prodotto dalla Regione Siciliana un precedente
ricorso contro legge del 22 aprile 1951, n. 288, non attendibile; la omissione
a far valere i propri diritti per un caso, non preclude l'esercizio degli
stessi diritti per un altro caso consimile successivo. Neanche attendibile la
seconda eccezione di inammissibilit del ricorso basata sulla mancanza di
interesse da parte della Regione agli effetti ottenibili con una sentenza di
annullamento, perch tanto
Per il tradizionale ordinamento delle
provincie e dei comuni, lo Stato che con norme legislative, da un lato, ne
determina i compiti e ne fissa gli oneri, e, dall'altro, autorizza tali enti ad
imporre ai contributi locali tasse e sovracontribuzioni, in modo da ottenersi
una regolare amministrazione bilanciata. Il ricorso ai mutui presso
A contenere in limiti sopportabili la
imposizione di nuovi oneri agli enti locali fu stabilito all'art. 2 del T.U. della legge comunale e provinciale
del 1934 la seguente norma: « Qualsiasi disposizione legislativa, tendente a
porre a carico dei comuni e delle provincie nuove o maggiori spese, deve essere
concretata di concerto oltre che col Ministro dell'interno, anche col Ministro
delle finanze. Il consenso deve risultare dal relativo disegno di legge e,
qualora la spesa sia inerente a servizi di carattere statale, devono essere, in
pari tempo, assegnati agli enti predetti mezzi di entrata .
Ci posto, i decreti-legge e le leggi che
dal 1944 ad oggi sono stati emanati per sovvenire in primo luogo i comuni
danneggiati dalla guerra e successivamente una pi larga cerchia di comuni e di
provincie con il criterio di ottenere il pareggio del rispettivo bilancio
economico, partono dall'unica preoccupazione di provvedere, anno per anno, a
rendere possibile la vita locale, in attesa di quella riforma della finanza
locale, che trovasi da parecchio tempo avanti
Mentre tali provvedimenti sono doverosi da
parte del Governo e del Parlamento, e quindi giustamente, richiesti da
comuni e provincie, non escono dall'
ambito della buona politica, non creano stretti rapporti di diritti e doveri
reciproci, la cui omissione possa comunque essere portata avanti una Corte.
La discriminazione fatta dalle due leggi
ultime fra comuni e provincie delle regioni a Statuto speciale e comuni e
provincie delle altre regioni italiane non ancora organizzate, riguarda
principalmente le procedure per la concessione dei mutui, per la quale data
alle regioni (e non pi ai prefetti; la facolt di richiedere alla Commissione
centrale per la finanza locale l'esame dei bilanci delle amministrazioni
provinciali e comunali facenti parte dei rispettivi territori ed adottare i
provvedimenti di competenza allo scopo del pareggio economico. Il che stato
un giusto riconoscimento della funzione regionale nei rapporti degli enti
locali.
L'omissione nelle due citate leggi del
1951 del riferimento al contributo in capitale per i comuni e le provincie
delle regioni a Statuto speciale risulta dagli atti parlamentari come voluta
dal Governo proponente. Ma quale possa essere la interpretazione obiettiva del
testo della legge (spetterebbe allo stesso Parlamento darle l'interpretazione
autentica), nel fatto che riguarda
Non si comprende, pertanto, il motivo di
gravame in riferimento all'art. 119, secondo comma, della Costituzione,
ritenente il ricorrente che la legge ponga «in definitiva a carico delle
finanze regionali quei disavanzi economici dei bilanci degli enti locali dovuti
ad eccezionali contingenze . Nessuna disposizione contiene in proposito la
legge impugnata, disposizione che di sicuro avrebbe violato 1'autonomia
regionale oltre che la norma costituzionale sopra citata.
Da quanto sopra, vero che risulta una
differenza di trattamento tra gli enti locali ai quali concesso il contributo
in capitale e quelli pur nelle stesse condizioni oggettive della Sicilia
gravate per l'intero pareggio dell'onere del mutuo; onde il Presidente della
Regione ritiene che con ci sia stato violato il principio dell' «unit
politica dello Stato Italiano (art. 1 dello Statuto). Questo principio fu
invocato, in riferimento ad una legge
regionale impugnata dallo Stato, nella decisione
di questa Alta Corte del 13 agosto 1948, a proposito della potest
regionale di imposizione tributaria, « che ha aspetti e riflessi politici nellordinamento generale dello Stato . Ora
il principio viene invocato in riferimento allo Stato che con la legge 7
dicembre 1951 avrebbe creato discriminazioni non solo fra gli enti locali
italiani, ma fra i contribuenti, gravando di pi quelli siciliani obbligati in
conseguenza a sopportare per vari anni il peso dei mutui concessi al pareggio
economico dei bilanci locali. Ma trattandosi di un principio generale (l'unit
politica) non riesce possibile essere applicato al caso in esame, se non
concorrono altri elementi a configurare la illegittimit della norma.
Pertanto, viene naturale la ricerca quale
sia la competenza della Regione
Siciliana riguardo la finanza locale e quale quella dello Stato.
All'art. 15 dello Statuto stabilito che «
l'ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui comuni e sui
liberi consorzi comunali, dotati della pi ampia autonomia amministrativa e
finanziaria .
«Nel quadro di tali prncipi, continua il
testo, «spetta alla Regione la legislazione esclusiva e l'esecuzione diretta
in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali. Nel
termine «ordinamento, va incluso non solo l'ordinamento amministrativo ma anche
quello finanziario, l'uno essendo inscindibile dall'altro, specie nel caso
della Sicilia dove i comuni e relativi consorzi, come dice lo Statuto, sono
dotati della « pi ampia autonomia anche « finanziaria .
Questa Alta Corte con la decisione
del 13 agosto 1948 ha messo in luce che
Da questo stato di fatto sono derivati, da un lato, i provvedimenti statali necessari a far superare agli enti locali gli effetti dovuti al dissesto di guerra e alla mancata attuazione della legge sulla finanza locale, e, dall'altro lato, la lamentata discriminazione fra gli enti locali, che non sembra fondata su criteri e misure di ordine generale; il che, per quanto non possa essere caratterizzato come incostituzionale, presenta motivi degni di una riconsiderazione dei rapporti fra Stato e Regione. La mancanza poi di provvedimenti regionali in materia di finanza locale non ha dato luogo ad alcun invito a provvedere da parte del Governo statale, data la vertenza lasciata insoluta, come risulta dalla lettera del 6 marzo 1951 allegata agli atti.
L'ultimo motivo del ricorso, basato sull'art. 35 dello Statuto, non pu essere accolto non risultando dal ricorso e dalla memoria della difesa quali «gli impegni assunti dallo Stato verso gli enti regionali al momento dell'approvazione dello Statuto (15 maggio 1946) che non fossero stati mantenuti. I decreti legislativi emessi nel 1944 e nel 1946 citati dal ricorrente sono stati regolarmente eseguiti durante il termine della rispettiva validit. Gli altri, posteriori alla data dell'emanazione dello Statuto, non possono essere categorizzati come «impegni gi assunti per il fatto della individualit delle singole leggi.
P. Q. M.
L'Alta Corte rigetta il ricorso del Presidente della Regione avverso la legge 7 dicembre 1951, n. 1513, sull'integrazione dei bilanci comunali e provinciali per l'anno 1951.